Piastre corazzate: Sheffield o Witkowitz?

Ilva di Servola, 27 febbraio 1951. Una delle piastre viene caricata su un carro messo a disposizione dal G.M.A. per essere trasportato nel deposito di Diego de Henriquez sul colle di San Vito

Il visitatore che entra al Museo “Diego de Henriquez” viene immediatamente introdotto ai temi della guerra e della tecnologia bellica da due imponenti piastre corazzate, una delle quali trattiene il proiettile che l’ha testata. Sono di impatto così forte che, un po’ forzatamente, potremmo includerle tra le opere dell’ “arte di guerra” quale simbolo, e monito, della devastazione che l’uomo da sempre dispensa con strategie e dispositivi bellici.
Arrivate a Trieste via mare dalla Jugoslavia con destinazione l’Ilva di Servola, vennero donate a Diego de Henriquez dalla direzione dello stabilimento siderurgico triestino nel febbraio del 1951. Caricate su un rimorchio ribassato messo a disposizione dai Trust engineers del Governo Militare Alleato furono trasferite nel deposito del collezionista sul colle di San Vito.

La tradizione ufficiale che le vuole prodotte dalle acciaierie inglesi Sheffield nel 1878 e nel 1880 per conto dalla Marina da guerra austro-ungarica impegnata a studiare le corazzature a difesa dei proiettili perforanti sempre più potenti e sofisticati, oggi è messa a confronto con una seconda ipotesi che le attribuisce all’acciaieria di Witkowitz, l’odierna Vitkovice, distretto della città di Ostrava nella Repubblica Ceca. Un’ipotesi che ha l’ulteriore merito di introdurci in una storia affascinante e sicuramente a molti sconosciuta.

27 febbraio 1951. Il sindaco di Trieste, Gianni Bartoli, visita la collezione Henriquez nell’area della vecchia Sanza, sul colle di San Vito, e si sofferma a guardare una delle piastre corazzate appena arrivate a destinazione
27 febbraio 1951. Il sindaco di Trieste, Gianni Bartoli, visita la collezione Henriquez nell’area della vecchia Sanza, sul colle di San Vito, e si sofferma a guardare una delle piastre corazzate appena arrivate a destinazione

In questo caso le due placche metalliche sarebbero state portate sull’isola di Brioni Maggiore dal viennese Paul Kupelwieser. Direttore per diversi anni delle suddette acciaierie morave – fondate nel 1828 come “Rudolfshütte” e poi acquistate dal banchiere viennese Salomon Mayer von Rothschild i cui successori le trasformarono nella più grande fabbrica di ferro e acciaio della Monarchia asburgica, la “Witkowitzer Bergbau-und Eisenhütten-Gewerschaft” – ormai cinquantenne acquistò le isole di Brioni nel 1893, trasformando un brullo arcipelago infestato dalla malaria in un fiorente e salubre centro turistico e di cura. Aiutato, nientepopodimeno, dal futuro premio Nobel per la medicina, il tedesco Robert Koch, e dall’esperto forestale albonese Aloisie Zuffar (Alojz Čufar), dal 1894 amministratore delle isole.

Le piastre corazzate nella vecchia collocazione all’interno dell’hangar 10 in via Cumano 22

Come apprendiamo dalla pagina del sito kulturistra.hr dedicata ai cento anni della morte dell’industriale austriaco, poco dopo la richiesta di Francesco Ferdinando – ospite a Brioni nel 1909 – di ottenere una parte dell’arcipelago per costruirvi una residenza imperiale permanente, Kupelwieser iniziò ad avvertire i primi problemi di salute e difficoltà nel rapportarsi con il principe ereditario. Morì a Vienna nel 1919 a seguito di un viaggio in Serbia durante il quale le sue condizioni si aggravarono. Dopo una sepoltura provvisoria nel cimitero centrale della capitale le sue spoglie avrebbero dovuto essere trasferite sulle isole tanto amate e inumate accanto a quelle della moglie Marie.

L’atrio dell’attuale Museo nell’edificio 4 del comprensorio di via Cumano con le piastre corazzate che introducono al percorso espositivo
L’atrio dell’attuale Museo nell’edificio 4 del comprensorio di via Cumano con le piastre corazzate che introducono al percorso espositivo

Karl, uno dei tre figli assieme a Leopold e a Berta, tentò di proseguire l’opera paterna, ma la crisi del 1929 peggiorò i problemi economici che già gravavano su Brioni, tanto che l’anno successivo non trovò altra soluzione che quella di suicidarsi.
Tralasciamo le vicende successive di quest’oasi adriatica, possiamo solo tentare di immaginare le due corazze immerse in tanta bellezza quali testimoni del passato splendido e irripetibile quale fu quello dell’Impero austro-ungarico.

Le due tesi, il cui punto d’incontro è sicuramente l’arrivo delle piastre a Trieste dal mare di Croazia con destinazione la fonderia di Servola, ci lasciano ora l’arduo compito di svelare l’arcano: Sheffield o Witkowitz? o, in qualche modo, entrambe?

L’atrio dell’attuale Museo nell’edificio 4 del comprensorio di via Cumano con le piastre corazzate che introducono al percorso espositivo
L’atrio dell’attuale Museo nell’edificio 4 del comprensorio di via Cumano con le piastre corazzate che introducono al percorso espositivo

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Civico Museo della Guerra per la Pace
Diego de Henriquez