È l’autunno del 1956 e il sogno di realizzare il proprio Museo a Trieste sta svanendo, o per lo meno, diventa sempre più difficile da concretizzare. Così Diego de Henriquez, dopo esitazioni e ripensamenti, decide di seguire il consiglio di chi è stato il suo superiore a San Pietro del Carso durante la Seconda guerra mondiale, il colonnello Ottone Franchini, ormai divenuto generale: ha deciso di trasferire gran parte delle collezioni a Roma, lasciando nel capoluogo giuliano quei materiali maggiormente legati alla storia della città.
Un patrimonio così unico e imponente a ragione può aspirare agli sfarzi della capitale che lo accoglie destinandogli un’area presso la basilica di Santa Croce in Gerusalemme dove sorge l’ex caserma “Principe di Piemonte” in parte già occupata da realtà museali di argomento militare.
La data di apertura dell’ «Istituto e Museo della Pace “Diego de Henriquez”» dovrebbe coincidere con quella delle Olimpiadi del 1960. Ma non è questa l’occasione per raccontare il destino del nostro concittadino e dei suoi beni nella città eterna, ma per soffermarci su un episodio curioso di quegli anni.
Tra le poche fotografie riguardanti il “periodo romano” di de Henriquez colpisce una serie dello “Studio Artistico Fotografico Filippo Reale” dedicata al trasferimento nella zona concessa di un aeroplano di cui oggi non esiste traccia nelle collezioni: un pezzo alla volta il velivolo viene portato nella sua nuova sede dove, a quanto pare, sarà riassemblato all’aperto.
Non sappiamo come il collezionista triestino ne ottenne la custodia o ne venne in possesso, conosciamo solo alcuni nomi di ufficiali dell’Aeronautica militare di stanza a Roma con i quali entrò in contatto per motivi non meglio precisati: è ipotizzabile siano stati loro il tramite per l’attuazione di questa ulteriore, incredibile impresa del nostro Diego.
Sta di fatto che nel 1959 il trimotore da trasporto SM.82 – matricola militare n° MM.61198 – codice ZR-81, smontato e rimorchiato da un camion militare, dall’aeroporto di Centocelle arriva a Santa Croce in Gerusalemme passando anche – come indicano le immagini – per la via Tiburtina, per piazza Porta Maggiore e la via Statilia. Finita l’infruttuosa parentesi romana di de Henriquez nel 1963, non si conoscono le sorti del velivolo: si ipotizza la sua demolizione appartenendo a un modello ormai obsoleto escluso dalla flotta dell’Aeronautica militare.
Di certo non “volò” mai fino a Trieste planando sul colle di San Vito dove avrebbe trovato lido sicuro assieme a tanti altri testimoni silenziosi di un passato da poco trascorso.
Alcuni dati qui riportati sono frutto dello scambio di informazioni intercorso tra il Museo de Henriquez e la dott.ssa Francesca Garello dell’Istituto Archeologico Germanico di Roma, che anni addietro ha chiesto notizie sull’episodio fornendone – a sua volta – quelle in suo possesso.